Morgan Housel, l’autore di Psychology of Money, parte dall’accattivante storia del Dott. Julius Wagner Jauregg per spiegare la sua visione nella scelta degli investimenti.

“Voi non siete un foglio di calcolo. Voi siete persone. Persone incasinate. Persona con emozioni.

Non è immediato pensarla così in finanza. Ma, proprio in finanza, è una delle cose più importanti.

A questa presa di coscienza è collegata un’altra considerazione, spesso, purtroppo, altrettanto trascurata: non bisogna mirare ad essere freddamente razionali quando si prendono decisioni finanziarie. Bisogna mirare ad essere abbastanza ragionevoli.

“Ragionevoli” è più realistico ed abbiamo la possibilità di rimanerlo per lungo tempo, che è quello che funziona quando gestiamo del denaro.

Per mostrarvi cosa intendo, torna utile la storia di Julius Wagner Jauregg.

Julius Wagner Jauregg era uno psichiatra del 19-esimo secolo con due skill fondamentali: era bravo a riconoscere i pattern e quello che gli altri vedevano come “pazzo” lui lo vedeva semplicemente come “audace”.

La sua specializzazione erano i pazienti con la neuro-sifilide, una diagnosi fatale con nessun trattamento allora conosciuto.

Ad un certo punto, Wagner Jauregg iniziò a notare un pattern: i pazienti con la sifilide tendevano a recuperare se avevano l’ulteriore sfortuna di avere avuto una febbre prolungata.

Egli ipotizzò che questo fosse dovuto a quell’intuizione che girava in ambito medico da tempo, ma che i medici non avevano ancora compreso bene: la febbre giocava un qualche ruolo nell’aiutare il corpo a combattere le infezioni.

Così, egli saltò alla logica conclusione. Nei primi anni del 1900, Wagner Jauregg iniziò ad iniettare nei pazienti ceppi di fascia bassa di tifo, malaria e vaiolo per innescare febbri abbastanza forti da uccidere la loro sifilide. Una “prova” effettivamente pericolosa. Alcuni dei suoi pazienti morirono. Alla fine, adottò una versione debole della malaria poiché poteva essere efficacemente contrastata con il chinino dopo alcuni giorni di febbre.

Dopo alcune tragiche prove, i suoi esperimenti iniziarono a funzionare.

Vinse il Premio Nobel per la medicina nel 1927.

Grazie al cielo, successivamente, la penicillina rese obsoleta la “malaria therapy”. Ma Wagner-Jauregg è uno dei pochi dottori che non solo ha riconosciuto il ruolo della febbre nel combattere le infezioni ma l’ha anche prescritta come trattamento.

Le febbri sono sempre state temute e considerate misteriose. Gli Antichi Romani adoravano Febris, il Dio che proteggeva le persone dalla febbre. Veniva lasciata ogni sorta di amuleto presso i templi, proprio con la speranza di evitare la febbre.

Wagner-Jauregg aveva scoperto che le febbri non sono seccature accidentali ma che, anzi, giocano un ruolo importante nella strada del recupero.

Proprio qui, tuttavia, termina la scienza e prende il sopravvento la realtà.

Le febbri, infatti, sono quasi universalmente viste come una cattiva cosa. Esse sono trattate con farmaci per farle scendere il più velocemente possibile. Nonostante milioni di anni di evoluzione, come meccanismo di difesa, nessun genitore, nessun paziente, pochi dottori e certamente nessuna casa farmaceutica vede la febbre come qualcosa di “utile” ma come qualcosa che deve essere eliminata.

Se le febbri sono benefiche, perché le combattiamo universalmente?

Potrebbe essere così: la febbre ferisce, fa star male. E le persone non vogliono star male. Non è forse vero?

L’obiettivo di un dottore non è solo curare la patologia. E’ curare la patologia entro i confini di ciò che è ragionevole e tollerabile per il paziente. Le febbri possono avere un beneficio nel combattere le infezioni ma fanno star male. E noi andiamo dal dottore per smettere di star male. Non ci interessa nessuno studio scientifico quando stiamo tremando sotto una coperta. Se c’è una pastiglia che può fermarci la febbre, la vogliamo immediatamente.

Potrebbe essere razionale volere la febbre se noi abbiamo un’infezione. Ma non è ragionevole.

Questa filosofia, mirare ad essere ragionevoli invece che razionali, è quella che le persone dovrebbero adottare quando prendono decisioni relative al loro denaro.

Gli studi finanziari sono votati al trovare le strategie d’investimento matematicamente ottimali. Ma, nel mondo reale, le persone non vogliono la strategia ottimizzata matematicamente. Vogliono la strategia che massimizza come farli stare meglio.

Harry Markowitz ha vinto il Premio Nobel per aver studiato il trade-off matematico fra rischio e rendimento. Una volta gli è stato chiesto come egli investisse il suo denaro ed egli ha descritto la sua allocazione di portafoglio, nel 1950 quando il suo modello era stato sviluppato, in questo modo:

“Io provo dolore e lo visualizzo proprio se il mercato sale ed io non sono investito oppure se il mercato scende ed io sono completamente investito. Il mio obiettivo è minimizzare il mio dolore. Quindi, divido i miei investimenti al 50% e 50% fra obbligazioni e azioni.” Persino chi è stato insignito di uno dei più ambiti Premi per le ricerche sulla relazione matematica fra rischio e rendimento, per i propri investimenti ha seguito la ragionevolezza anziché il calcolo del foglio excel.

Nel 2008 un paio di ricercatori di Yale pubblicarono uno studio secondo cui le persone giovani dovrebbero indebitarsi per investire sul mercato azionario il denaro che servirà loro durante la pensione. Anche di fronte ad una discesa importante del mercato azionario, i ricercatori hanno dimostrato che, seguendo il piano d’investimenti, i giovani si ritroverebbero comunque in una situazione ottimale durante la loro pensione.

E’ una strategia razionale. Ma ha, ai nostri occhi, dell’irragionevole. Nessuna persona “normale” potrebbe vedere il 100% della sua pensione evaporare, rimanere impassibile ed andare avanti imperterrito con la strategia pianificata. Tutti cercherebbero un’opzione differente.

Un ultimo fatto legato alla ragionevolezza è che a noi dovrebbe piacere o dovrebbe interessarci ciò su cui investiamo.

Investire in una promettente società, o in un promettente tema d’investimento, di cui non ci interessa nulla potrebbe divertirci e farci felici quando tutto va bene. Ma quando il vento inevitabilmente cambia (i mercati non salgono ininterrottamente) e noi perdiamo denaro su qualcosa che non ci interessa e che non ci appassiona come tema d’investimento, abbiamo da sopportare un doppio fardello. Siamo, così, naturalmente portati verso una strada alternativa, verso un cambio del nostro investimento… e probabilmente lo cambiamo nel momento più sbagliato.

Se invece ci appassiona il tema su cui stiamo investendo, ci piace l’obiettivo, il prodotto ed il team di gestione, quando il vento cambia e perdiamo denaro, ci consola il fatto di essere parte di qualcosa di significativo, di importante e questo potrebbe rappresentare la necessaria motivazione ad impedirci di arrenderci e di cambiare investimento nel momento che potrebbe rivelarsi il più inopportuno.

Jack Bogle è stato il fondatore di Vanguard, una delle più grandi società di investimenti basati sugli etf, indici a replica passiva a basso costo ed ha speso la sua vita promuovendo l’investimento su strumenti passivi a basso costo.

Suo figlio ha fatto carriera nell’ambito della gestione attiva ad alto costo.

Jack Bogle ha investito parte del suo denaro nei prodotti attivi gestiti da suo figlio. E che spiegazione ha dato?

“Noi facciamo alcune cose per ragioni familiari. Se non è coerente, bene. La vita non sempre è coerente e razionale.”

Non siamo un foglio di calcolo. Siamo persone. Persone incasinate. Persone con emozioni.”

E credo sia corretto essere anche ragionevoli oltre che razionali.