A volte capita di utilizzare uno strumento con la convinzione di aver scelto quello “giusto”, quello in grado di rispondere a tutti i tuoi problemi o di soddisfare tutti i tuoi obiettivi.

Poi accade qualcosa e ti rendi conto di aver sottovalutato un aspetto al quale avevi dato poche probabilità che si avverasse oppure ti accorgi che non conoscevi tutti gli “effetti collaterali” dello strumento che pensavi il migliore.

Fatto sta che ti ritrovi in una situazione complicata, dai risvolti che proprio non avresti mai voluto.

Hai mai utilizzato una polizza vita come strumento di investimento? E’ uno strumento molto interessante, gode di benefici che pochi altri prodotti ti consentono di avere e risolve situazioni che, dal punto di vista patrimoniale, più complicate non potrebbero essere.

Proprio questo ti fa capire che la polizza vita non va considerata alla stregua di un comune prodotto di investimento e che la sua “strutturazione” più articolata merita approfondimenti più precisi e mirati.

La polizza vita prevede più figure “contrattuali”:

  • il contraente, cioè colui che stipula la polizza, che versa il premio e che può riscattarla o cambiarne i beneficiari;
  • l’assicurato, cioè la persona sulla cui vita è stipulata la polizza;
  • il beneficiario, cioè colui che riceverà le somme assicurate.

In genere, contraente ed assicurato coincidono. Così, quando il contraente-assicurato viene a mancare, la polizza si estingue ed il capitale arriva al beneficiario indicato in polizza.

E’ possibile però che il contraente possa essere anche una persona diversa dall’assicurato.

I possibili scenari diventano due:

  1. muore l’assicurato prima del contraente;
  2. muore il contraente prima dell’assicurato.

Il primo caso è quello più semplice. Il secondo può portare all’ibernazione del capitale assicurato.

Nel primo caso, la polizza si estingue perché viene a mancare l’assicurato, cioè colui la cui vita è oggetto di esistenza della polizza: il capitale andrà ad arricchire il beneficiario indicato.

Nel secondo caso la polizza rimane in essere perché l’assicurato, cioè colui la cui vita è oggetto di scommessa, è vivo e vegeto. La contraenza della polizza, allora, cade in successione e la polizza diventa materia di successione … ma non è questo (o meglio non solo) il problema!

Il grande problema è legato all’art. 1921 del codice civile. Esso dice che, con la morte del contraente, il beneficiario della polizza non può essere cambiato. Quindi, ipotizzando il caso più semplice in cui spetta all’assicurato di diventare contraente della polizza in questione, egli non può cambiare i beneficiari della polizza. A ciò si aggiunge il parere prevalente in giurisprudenza secondo il quale l’assicurato subentrato non può fare neppure riscatti anticipati del capitale assicurato perché tramite questi potrebbe impoverire il beneficiario della polizza. Solo in alcuni casi è accaduto con il consenso del beneficiario stesso.

Si crea, pertanto, una sorta di ibernazione della polizza con il beneficiario che non può essere modificato e con impossibilità di fare riscatti anticipati. Il capitale è bloccato.

Questa ibernazione del capitale è addirittura del tutto insuperabile se il beneficiario è stato originariamente indicato in polizza con una formula generica del tipo “figli legittimi”. Così, infatti, nel momento in cui muore il contraente, subentra l’assicurato ma è possibile che i figli legittimi dell’assicurato (diventato contraente) non siano ancora identificabili.

Ecco allora che una polizza fatta con l’intento di investire in modo “sicuro” il capitale, di godere dei benefici anche fiscali e successori dello strumento e magari di risolvere complicate questioni di passaggio generazionale, si rivela uno boomerang inaspettato che imprigiona il capitale per un numero indefinito di anni.

C’è più di una motivazione valida per cui il contraente debba essere una persona diversa dall’assicurato. Le figure coinvolte nella polizza potrebbero essere persone a rischio di aggressione da creditori oppure persone fragili che potrebbero disperdere patrimonio oppure ancora persone che, per limiti di età, non possono più assumere la veste di assicurato …

In questi casi, scindere le due figure potrebbe fare della polizza lo strumento perfetto per risolvere situazioni altrimenti di difficile soluzione ma bisogna ragionare attentamente e studiare la situazione.

Dedico tanto tempo allo studio di come strutturare la polizza vita del cliente e del perché, eventualmente, scindere le figure contrattuali in modo tale che questo importante strumento di investimento e di tutela patrimoniale possa effettivamente centrare gli obiettivi del cliente così come lui ha immaginato.

Certo, la compagnia assicurativa potrebbe non disdegnare il fatto che la polizza rimanga in essere per anni ed il capitale permanga nell’alveo della sua gestione per lungo tempo.

Credo, però, che le persone non amino mettere nel freezer il proprio denaro.